L’Italia non è un paese per Giovani
Una vecchia malattia si aggira ormai sulla metà dello stivale, sempre di più giovani di queste parti si ammalano di “sudditite” e cercano la cura al nord del paese.
Costretti a lasciare genitori anziani e fidanzate giovani, ettari di terreni ed aria pulita, si rinchiudono in angusti appartamenti, nelle città nordiche, in cerca di un rimedio. La “sudditite” è una patologia subdola, colpisce gli elementi più deboli di una società: i giovani senza lavoro. Che per un contorto meccanismo di selezione innaturale darwiniana, rimangano fuori dall’evoluzione economica e culturale delle loro città. Giovani che mettono in una valigia poche cose: tre cambi d’abito, uno spazzolino, il sorriso dei nonni e le e partano in cerca di una fortuna non di certo scontata.
Lo spopolamento di queste zone è palese. Secondo il rapporto sulle migrazioni interne in Italia, realizzato dall’Istituto di studi sulle Società del Mediterraneo del Cnr e curato da Michele Colucci e Stefano Gallo circa 100.000 italiani si sono spostati dal Sud al Centro-Nord negli ultimi anni. Tra le mete preferite Emilia-Romagna e Trentino, mentre la Campania e la Calabria sono le regioni dalle quali si parte di più. Tra le provincie più interessate al fenomeno ne figurano ben tre calabresi, Reggio Calabria, Vibo Valentia e Crotone e una campana, Napoli. Salta all’occhio la condizione dei giovani calabresi, nati in una porzione d’Italia troppo bella ma allo stesso tempo troppo povera per dare un possibilità a chi qui, ci vorrebbe restare.
Ma le cose si sa, nella storia si ripetono e quelli che negli anni immediatamente successivi alla guerra decisero coraggiosamente di restare, oggi vedono i propri figli e nipoti partire in cerca di un futuro migliore. Più di 100.000 sono anche gli Italiani che nel 2015 si sono spostati all’estero. L’emigrazione oltre i confini della penisola, quel flusso di persone definito impropriamente dalla stampa nazionale “fuga di cervelli”, perché a partire non sono solo cervelli ma anche e soprattutto manodopera, cresce molto di più di quella interna.
Le destinazioni preferite nell’eurozona, secondo il rapporto “Italiani nel mondo 2015″ della Fondazione Migrantes, sono Germania e Regno Unito. Un altro dato che sorprende è che ad andare verso l’isola di Albione e il regno della Merkel, sono per lo più i settentrionali. La Lombardia con la maggior parte degli espatri, si posizione al primo posto. Seguono Sicilia, Veneto, Lazio e Piemonte. In tutto questo caos, in questo farfugliare di voci conosciute o meno che riempiono i talk show televisivi, ciò che emerge chiaramente, è l’assurdo “stato” dei giovani italiani.
L’Italia non è più un paese per giovani. Ce l’ha fatto ironicamente vedere quel genio di Zalone. Ce lo fa capire ogni giorno il simpatico, anche più del primo, toscano tutto nei, che vediamo ogni giorno in tv. Come il protagonista de “Il nome della rosa”, ne scorgiamo segni ovunque.
Le scelte sono due, combattere (metaforicamente) ma conosciamo benissimo i nostri difetti, o partire. La via più facile ma anche quella obbligata. Stanchi di sbattere la testa contro muri trasparenti. Attraverso i quali si sbircia l’inarrivabile ricchezza dei soliti noti. Rassegnati, ed è qui forse il nostro più grande errore, dalla situazione kafkiana che ci circonda. Chiamiamo un amico che sta fuori. Facciamo un biglietto con una compagnia low cost a 19 euro e 90 centesimi. Con i pochi soldi compriamo un paio di Nike comode, convinti di dover camminare molto e partiamo. O meglio voliamo, sulle ali della delusione e della fiducia. Sperando in un futuro più appagante. Sognando una casa, una famiglia ed una smart TV di quelle curve che vediamo nei centri commerciali.
Ma non dobbiamo dimenticare che ogni giovane che abbandona il suo territorio, porta un dono, al paese d’approdo. Le sue competenza, la sua formazione, la sua inventiva. Tutte cose che l’Italia, un domani non troppo lontano, rimpiangerà.