Chi fu il primo a parlare di brainstorming?
Il termine brainstorming, letteralmente tempesta di cervelli, fu inventato negli anni Cinquanta dal pubblicitario americano Alex Osborn.
Pensato inizialmente per il contesto pubblicitario questo metodo venne poi ripreso e utilizzando in diversi ambienti come scuole e aziende.
Il metodo, detto in modo semplice, consiste in una discussione di gruppo guidata da un animatore, il cui scopo è provare e far emergere quante più idee possibile su un argomento. Al termine di questo processo si potrà selezionare, criticare e valutare tutte le idee uscite fuori dai partecipanti.
Lo scopo ultimo è quello di produrre molte idee – diverse fra di loro – in poco tempo!
Il brainstorming prevede l’applicazione sia del pensiero divergente – fase creativa – che di quello convergente – fase valutativa-selettiva.
Fasi del brainstorming:
- la presentazione dell’argomento;
- la fase dialettica, in cui si discute e si propongono le idee;
- la sistemizzazione e la valutazione delle idee emerse
Osborn sostiene la potenzialità creativa del gruppo in opposizione agli sforzi individuali;
le sue conclusioni si reggono sull’esperienza condotta in prima persona nel suo lavoro da pubblicitario.
Nel libro How To Think Up definisce i quattro principi fondamentali del brainstorming:
La critica è esclusa. Nessuna idea va criticata, anche se può sembrare assurda, sciocca o poco pertinente. Il fine è raccogliere le idee, non valutarle
.
La creatività è benvenuta. Più sono audaci le idee, meglio sarà.
Si cerca la quantità. Maggiore è il numero di idee prodotte, maggiore sarà la probabilità di trovarne di vincenti.
Si ricercano combinazioni e miglioramenti. Le idee espresse da un componente del gruppo possono servire di ispirazione agli altri. L’invito è anche a cercare di migliorare le idee altrui e a combinarle fra loro in modi nuovi.